L’attesa ovvero contro il lavoro

Si teneva su piccoli piedi
e vi abitavano forme
un’orgia bambina, da mani ferite
dove le dite vestite d’anelli
danzavano al fuoco del seno
dov’era la bellezza
di cosce giovani
adesso un naufragio di parti

Bella, pioveva coi maschi
umore d’inverno
e tornata l’estate
sorrideva ai passanti
le braccia nude d’un animale
caviglie scoperte d’una astrazione

Andava a mezza gonna
per le strade di cemento
allontanando la bocca
dalle vie della virtù
le camicette vergognose
a nascondere il ventre
le ginocchia argentee
di marmo verginale
dov’era l’eleganza delle mani
ora il lavoro, solo il lavoro

Infine

Il definirsi di fianchi e lo scolpirsi di forme
l’ingrossare di pance
e nessuno poté più annusarle le gonne
il freddo che ammazza, l’infanzia che piange
eppure
l’attesa ora è meno difficile

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